giovedì 3 marzo 2016

Come ho riscoperto la preghiera dopo il disincanto della prima adolescenza

Le preghiere bahá'í mi ispirarono una sensazione profonda di trovarmi alla maestosa presenza di qualcosa di molto più grande di me, la sensazione di una conversazione diretta tra il mio spirito e il Creatore.

di David Langness
Originale in inglese su bahaiteachings.org


Un'amica conosciuta da poco mi chiese se i bahá’í pregassero.

Avevamo da poco finito un'interessante conversazione su Dio. Agnostica, mi disse che apprezzava il concetto bahá’í di Dio come essenza inconoscibile ma trovava difficile l'idea di pregare, di rivolgersi a Dio o di chiedergli qualcosa senza poterselo immaginare.

Gli risposi che, sì, i bahá’í sicuramente pregano.

"Perché? E come?" Mi chiese.

Pensai che due domande così profonde e importanti meritassero una risposta adeguata ma io avevo solo pochi minuti dunque piuttosto che rispondere affrettatamente feci due cose: le diedi un libro di preghiere bahá’í e le chiesi di leggerne alcune, poi decisi di scrivere questa breve serie di articoli sul significato, l'importanza, la concezione e la potenza della preghiera bahá’í.

Ricordate la prima volta che avete pregato?

La mia prima esperienza è stata quando avevo circa tre anni. I miei genitori non erano assolutamente religiosi ma avevano promesso ai miei nonni che mi avrebbero dato un'educazione luterana e così fecero del loro meglio per mantenere la promessa. Iniziarono la mia educazione spirituale con una preghiera che mi facevano recitare tutte le sere prima di andare a letto. Il titolo della preghiera era "Ora mi corico per dormire".
Ora mi corico per dormire
Prego il Signore che conservi la mia anima
Se morissi prima di svegliarmi
Prego il Signore che prenda la mia anima. Amen
A tre anni non facevo certo attenzione alle parole della preghiera e non ero neppure certo di chi fosse il Signore ma recitavo questa preghiera con mia madre tutte le sere quando lei mi portava a letto. Era un rituale rassicurante, un piccolo momento di pace che aspettavo con piacere tutte le sere.

Fu solo verso i cinque anni che la preghiera inizio ad inquietarmi. Dovevo morire prima di svegliarmi? Accidenti avevo solo cinque anni, non volevo morire!

Per un bambino piccolo, che inizia a prendere confidenza con la realtà di questa vita fisica temporanea, quello era proprio un pensiero spaventoso. E poi iniziavo a domandarmi chi fosse questo Signore a cui chiedevo di prendere la mia anima. Ero decisamente confuso e curioso di conoscere meglio questo Signore delle mie preghiere così chiesi a mia nonna di spiegarmi meglio.

La nonna mi disse che Dio era un uomo molto vecchio che viveva tra le nuvole del paradiso. Aveva una lunga barba bianca e amava tutti i bambini. Era molto gentile ma, a volte, si arrabbiava molto. Ogni giorno dal paradiso guardava giù sulla terra tutti i bambini e decideva se un bambino o una bambina erano stati buoni. Quindi, in un enorme libro dove erano elencati tutti i bambini del mondo, per ognuno metteva un segno nella colonna dei buoni o in quella dei cattivi. La nonna mi disse che alla fine della mia vita il Signore avrebbe fatto la conta dei segni. Se quelli nella colonna dei cattivi erano più di quelli nella colonna dei buoni non avrei potuto entrare in paradiso.

(Più avanti negli anni iniziai a sospettare che la nonna avesse inventato questa divinità severa per ridurre la mia tendenza di monello a comportarmi male)

Gli chiesi perché pregavamo Dio e lei mi rispose che lo facevamo perché Dio ascoltasse le nostre preghiere e ci aiutasse.

Ovviamente la mia cara nonna, la più dolce e la più gentile donna che abbia mai conosciuto, non era certo una teologa ma la sua semplice spiegazione mi aiutò e, così come fanno i bambini, iniziai a cercare di immaginare questo potente Signore. Guardavo attentamente lassù nel cielo nella speranza di scorgerLo tra le nuvole che passavano. Iniziai, inoltre, a pregare sinceramente per chiedere a Dio di intervenire nella mia vita in vari modi.

Siccome Lui non interveniva, arrivato all'età di dodici o tredici anni smisi di credere in Lui. Mi sembrava semplicemente sciocco continuare a credere in qualcosa di così immaginario.

Più avanti, durante l'adolescenza, incontrai alcuni bahá’í. Dissi loro che non credevo in Dio.

Mi risposero di non preoccuparmi. Loro non credevano nello stesso Dio in cui non credevo io.

Presto imparai che i bahá’í pregano un Dio inconoscibile, uno che non rientra in alcuna descrizione fisica e che si pone ben oltre qualsiasi concezione umana che, in quanto tale, è intrinsecamente limitata. Imparai anche che i bahá’í non cercano di attribuire aspetti antropomorfici a Dio, che i bahá’í pregano e meditano ogni giorno e che gli insegnamenti bahá’í spiegano che Dio ci ha dato una serie di intermediari per aiutarci a comprendere l'infinito – profeti e messaggeri come Cristo, Buddha, Mosè e ora Bahaullah, il cui scopo è quello di portare l'amore e la saggezza di Dio all'umanità. Qualcuno mi diede un libro di preghiere bahá’í.

Così incontrai le straordinarie e toccanti preghiere bahá’í, scritte da Bahá’u’lláh e ‘Abdu’l-Bahá nel puro linguaggio del cuore. Nel momento in cui iniziai a leggerle me ne innamorai. Mi colpirono nel profondo dell'anima. La bellezza delle parole e dei simboli, il potere delle immagini e le magnifiche allusioni mistiche mi emozionarono e mi ispirarono una sensazione profonda di trovarmi alla maestosa presenza di qualcosa di molto più grande di me, la sensazione di una conversazione diretta tra il mio spirito e il Creatore.

Imparai di nuovo a pregare:
...sì che possiate, in questo giardino di Dio, levare le voci e cantare i gioiosi inni dello spirito. Siate come gli uccelli che Gli rendono grazie e nelle fiorenti pergole della vita cantate tali melodie che abbaglino le menti di color che sanno. (‘Abdu’l-Bahá, Antologia 20)
Se siete interessati a saperne di più sulle preghiere bahá’í vi invito a seguirmi in questa breve serie di articoli.

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Queste sono opinioni puramente personali e non rappresentano l'opinione della comunità bahá’í o di qualunque sua istituzione. Gli scritti bahá’í invitano ogni singolo ad una libera ed indipendente ricerca:
O FIGLIO DELLO SPIRITO!
Ai Miei occhi la più diletta di tutte le cose è la Giustizia; non
allontanartene se desideri Me, e non trascurarla acciocché Io
possa aver fiducia in te. Con il suo aiuto ti sarà possibile discernere
coi tuoi occhi e non con gli occhi degli altri, e apprendere
per cognizione tua e non con quella del tuo vicino. Pondera
ciò nel tuo cuore, come t’incombe d’essere. In verità la Giustizia
è il Mio dono per te e l’emblema del Mio tenero amore.
Tienila adunque innanzi agli occhi.
(Bahá’u’lláhParole Celate, Arabo, n.2)
Prossimo articolo della serie:
Scettici sulla preghiera? Provate il campo di battaglia!

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