di Andy Tamas
Originale in inglese su bahaiteachings.org
Sarajevo, i residenti in cerca di legna durante l'assedio - Foto di Christian Maréchal, 1993 |
Molti bahá’í in giro per il mondo lavorano in stati lacerati dalle guerre, detti anche stati fragili, e cercano di ricostruire società pacifiche e spirituali a partire dalla distruzione e dal dolore provocati da conflitti violenti. Questi bahá’í si impegnano a fare tutto quello che possono per aiutare, ispirati e spinti dalla definizione data da Bahá’u’lláh di cosa voglia dire essere bahá’í: conoscere e amare Dio e far progredire una civiltà in continuo progresso.
Tra le oltre 200 nazioni presenti oggi nel nostro pianeta, la Banca Mondiale e altre istituzioni hanno identificato circa 50 stati fragili. In queste nazioni, nella fascia bassa dell’Indice dello sviluppo umano definito dalle Nazioni Unite, vivono oltre un miliardo di persone. Caratterizzati da governi incompetenti, che governano male o, addirittura, che quasi non governano, i problemi di questi stati affliggono tutto il mondo. Alcuni di questi sono problemi interni mentre altri sono conseguenza di forze esterne, spesso legate a consolidate democrazie industriali. L’Afghanistan, per esempio, dove furono pianificati gli attacchi dell’11 settembre, è responsabile di circa il 90% della produzione mondiale di oppio, gran parte del quale è usato per produrre eroina che soddisfa la domanda europea. Altre di queste nazioni sono il luogo dell’incubazione di pandemie o la base per reti criminali internazionali. Questi sono solo alcuni dei tanti effetti della fragilità di questi stati con un impatto globale.
Ho imparato molto da anni e anni di lavoro in questi paesi e dalle analisi, basate su studi scientifici e su esperienze pratiche, circa la natura e le cause di questa fragilità, ma anche dagli scritti della Fede bahá’í e dalle riflessioni sulle attività della comunità mondiale bahá’í.
Bahá’u’lláh dice:
Immergetevi nell’oceano delle Mie parole per districarne i segreti e scoprire le perle di saggezza celate nelle sue profondità. (Bahá’u’lláh, Spigolature 140)Nel lavoro di cooperazione allo sviluppo per acquisire e applicare la conoscenza, così come per l’oceano degli insegnamenti di Bahá’u’lláh, ci sono poche altre possibilità oltre ad immergersi direttamente per vedere di che cosa si tratta e provare a dare un senso a quello che succede. In questo modo possiamo provare a catturare parte di questa conoscenza e a condividerla in un formato fruibile anche da altri. Questo è quello che molti di noi bahá’í che lavorano nell’ambito della cooperazione allo sviluppo, hanno fatto in questi ultimi anni in stati fragili come l’Afghanistan, l’Iraq, lo Yemen, il Bangladesh, il Nepal, la Cambogia e altri.
Uno dei più noti studiosi degli stati fragili, Paul Collier, autore del libro L’Ultimo miliardo, descrive quattro trappole che limitano le possibilità di miglioramento delle condizioni di queste nazioni che ospitano circa un sesto della popolazione mondiale. Queste trappole le potrei definire così:
• essere circondati da cattivi vicini,
• cattiva amministrazione,
• entrate basate principalmente sui proventi dello sfruttamento di risorse naturali piuttosto che sulla tasse in un’economia diversificata,
• instabilità sociale.
La maggior parte dei circa 50 stati fragili sono intrappolati in tutti o in parte di questi problemi, di cui spesso non sono responsabili.
Gli scritti bahá’í, similmente, forniscono abbondanti informazioni su ciò che provoca la fragilità degli stati, specialmente i commenti di Bahá’u’lláh sui fattori che stanno rivoluzionando l’ordinato svolgimento della vita (Spigolature 140) e la seguente dichiarazione di Shoghi Effendi:
[Il] possente vento divino che invade le regioni più remote e più belle della terra, scuote le sue fondamenta, rompe il suo equilibrio, dilania le sue nazioni, distrugge i focolari delle sue genti, devasta le sue città, caccia in esilio i suoi re, abbatte i suoi baluardi, sradica le sue istituzioni, oscura la sua luce e strazia l’anima dei suoi abitanti. (Shoghi Effendi, Il giorno promesso 11)La teoria generale dei sistemi e alcune forme di teoria della complessità riecheggiano questi concetti bahá’í, in particolare il concetto della crescente permeabilità dei vari tipi di confine che prima mantenevano le diverse parti della famiglia umana in sottosistemi relativamente separati da un punto di vista geografico, culturale ed economico. Quei confini sono crollati consentendo alle persone e alle idee di attraversare più liberamente il nostro pianeta. L’apertura di questi confini – che noi bahá’í crediamo sia stata causata dall’influenza della rivelazione di Bahá’u’lláh e del suo scopo principale, cioè l’unificazione del mondo – ha creato cambiamenti turbolenti e imprevedibili nelle strutture organizzative della società umana, sovvertendo l’ordine costituito. Mentre noi stiamo cercando di creare un sistema mondiale che consenta un nuovo equilibrio dinamico, queste parole di Bahá’u’lláh spiegano gli sconvolgimenti che vediamo in tante nazioni e culture del mondo:
Attesto che non appena, mediante la potenza del Tuo volere e del Tuo scopo, la Prima Parola uscì dalla Sua bocca e il Primo Appello uscì dalle Sue labbra, l’intera creazione fu rivoluzionata e tutti coloro che sono nei cieli e tutti coloro che sono sulla terra furono sconvolti nel più profondo. Mediante quella Parola le realtà di tutte le cose create furono scosse, divise, separate, disperse, combinate e ricongiunte, svelando nel mondo contingente e nel regno celestiale le entità di una nuova creazione e rivelando nei reami invisibili i segni e i pegni della Tua unità e della Tua unicità. (Bahá’u’lláh, Preghiere e Meditazioni 273)Che le cause della fragilità di questi stati siano spirituali, economiche o sociali in tutti i casi siamo spinti a porci un’unica domanda: come individui come possiamo contribuire al superamento di questi problemi?
Vi invito a leggere i prossimi articoli di questa serie nella quale proveremo a dare una risposta a questa fondamentale domanda.
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O FIGLIO DELLO SPIRITO!Articolo successivo di questa serie
Ai Miei occhi la più diletta di tutte le cose è la Giustizia; non
allontanartene se desideri Me, e non trascurarla acciocché Io
possa aver fiducia in te. Con il suo aiuto ti sarà possibile discernere
coi tuoi occhi e non con gli occhi degli altri, e apprendere
per cognizione tua e non con quella del tuo vicino. Pondera
ciò nel tuo cuore, come t’incombe d’essere. In verità la Giustizia
è il Mio dono per te e l’emblema del Mio tenero amore.
Tienila adunque innanzi agli occhi.
(Bahá’u’lláh, Parole Celate, Arabo, n.2)
Le strategie di sviluppo imposte dalle nazioni ricche ai paesi del terzo mondo sono efficaci?
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