venerdì 1 luglio 2016

Come ottenere che le multinazionali paghino le tasse

Dietro a questo c’è un principio: una legislazione fiscale applicata internazionalmente che sia equa, giusta e proporzionale.

di David Langness
Terzo articolo della serie: Porre fine all'evasione fiscale
Originale in inglese su bahaiteachings.org

Voglio farvi una domanda:
il vostro denaro vale così tanto
vi comprerà il perdono
pensate che potrebbe?
Io penso che scoprirete
quando la morte esigerà il pedaggio
che tutti i soldi che avete accumulato
non serviranno a ricomprarvi l'anima
(Bob Dylan – Masters of War)
Quelle anime che sono attaccate a questo mondo e alle sue ricchezze non possono progredire spiritualmente. (‘Abdu’l-Bahá, Star of the West, Volume 4, p. 122)
Sono molte le nazioni, in tutto il mondo, che mantengono riservate le informazioni sulle transazioni finanziarie. Tra queste la più nota è probabilmente la Svizzera, con le sue leggi sul segreto bancario e i suoi conti correnti cifrati. Il caso dei Panama Papers, tuttavia, ha dimostrato come, negli ultimi decenni, molti paesi si siano aggiunti alla lista dei paradisi fiscali e abbiano messo in atto, come altri, procedure di segretezza che consentono ai ricchi, alle società di comodo e alle multinazionali di movimentare denaro clandestinamente, occultando i loro patrimoni ed evitando di pagare le tasse nei loro paesi di origine. Nazioni come le Isole Vergini Britanniche, le Isole Cayman, St. Kitts and Nevis, Vanuatu e il Lussemburgo sono divenuti tutti paradisi fiscali e molte altre nazioni, piccole e meno piccole, consentono l’occultamento di patrimoni grazie a leggi bancarie non trasparenti, esenzioni fiscali e rigide politiche di riservatezza.

Circa il 75% dei fondi di investimento di tutto il mondo, ad esempio, parcheggia i propri miliardi nelle isole Cayman. L’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (OCSE), definisce paradiso fiscale qualsiasi nazione che presenti tre caratteristiche principali: un livello fiscale nominale o nullo, segretezza sulle informazioni finanziarie personali – cioè nessun passaggio di informazioni finanziare ad altri governi – e mancanza di trasparenza.

Come funziona? Bene, diciamo che una persona abbia una consistente somma di denaro sulla quale non vuole pagare tasse. Se questa persona crea una società di comodo alle Isole Cayman, o in un altro paradiso fiscale, può utilizzarla per occultare le proprie entrate ed evadere il fisco nel suo paese di origine.

I miliardari, i criminali e le loro organizzazioni, le multinazionali e i politici corrotti, hanno tutti imparato bene come le leggi fiscali dei vari paesi, profondamente diverse e ben poco coordinate tra di loro, possano essere applicate a loro vantaggio. Nonostante molte nazioni abbiano tentato di forzare le altre a rivelare le vere ricchezze di persone e società, nel mondo ci sono ancora molte banche e istituzioni finanziarie senza scrupoli e molte nazioni sono ancora disposte a nascondere ricchezze e a fornire riparo a patrimoni occultandoli ai legittimi sistemi fiscali delle nazioni di origine. Spesso questo tipo di pratiche non sono neppure illegali. Le multinazionali ne traggono enorme vantaggio, esse aprono filiali in paradisi fiscali e incanalano i profitti attraverso di essi riuscendo a sfruttare le scappatoie e i cavilli di legislazioni che differiscono molto da nazione a nazione e che, ribadisco, sono ben poco coordinate.

Le strategie per l’evasione fiscale della compagnia americana Google sono un buon esempio. Google concede i diritti sulle sue tecnologie – sostanzialmente il suo motore di ricerca e i ricavi pubblicitari che esso genera – alle sue filiali situate in nazioni con livelli fiscali bassi o nulli come le Bermuda, le Bahamas, l’Olanda o l’Irlanda. Questo significa che Google paga pochissime tasse nel suo paese di origine, gli Stati Uniti, di fatto meno di qualsiasi altra grande società del settore. Apple e altre multinazionali operano in modo simile, generano enormi profitti ma hanno trovato il modo di evitare di pagare le tasse su di essi, quasi completamente. Nel frattempo le indagini governative su queste società e sulle loro pratiche si sono moltiplicate. Paesi come la Francia, il Regno Unito e gli Stati Uniti hanno tentato con decisione di imporre a queste società il pagamento delle tasse dovute – ma fino ad ora hanno avuto poco successo.

Nel 2014 l’agenzia Reuters pubblicò una serie di articoli sulle strategie di evasione fiscale delle multinazionali americane come Apple, Microsoft e General Electric. Tra queste strategie ricordiamo una tecnica contabile nota come “doppio irlandese con panino olandese” che permette di ridurre drasticamente la pressione fiscale dirottando i profitti attraverso sussidiarie irlandesi e olandesi e poi ai Caraibi. Reuters ha dichiarato che Apple, secondo le cifre divulgate dalla società stessa, nel 2013 ebbe entrate off-shore per 54,4 miliardi di dollari e tuttavia non pagò alcuna tassa nel suo paese di origine, gli Stati Uniti. Secondo la legge statunitense, infatti, le multinazionali non sono tenute a pagare tasse sui profitti ottenuti all’estero a meno che e fino a che tali profitti non vengano rimpatriati. In questo modo, ha dichiarato Reuters, le multinazionali americane nel 2013 evitarono tasse su di un imponibile di 2100 miliardi di dollari.

Esiste un solo metodo in grado di fermare con efficacia questo tipo di evasione fiscale e queste forme di corruzione rampante ma a volte legali: un sistema fiscale internazionale comune.

Da un punto di vista bahá’í, un sistema fiscale internazionale, amministrato da un governo democratico internazionale, sarebbe applicato con equità e giustizia in tutto il mondo. L’esistenza di una legge universale garantisce che nessun individuo o multinazionale possa evitare di pagare le tasse dovute in quanto una legislazione internazionale si applica allo stesso modo in tutte le nazioni. Nessuna multinazionale, istituzione bancaria o governo potrebbe prendersi gioco del fisco usando società di comodo all’estero o dirottando i flussi finanziari lungo rotte diverse. Il mondo, per lo meno da un punto di vista fiscale, sarebbe un solo paese e tutti sarebbero tenuti a contribuire con una quota equa.

Quando questo accadesse, ovviamente, la pressione fiscale individuale non crescerebbe, al contrario calerebbe considerevolmente, forse anche precipitosamente. Perché? In quanto migliaia di miliardi di dollari, ora occultati in paradisi fiscali, sarebbero equamente tassati riducendo la necessità di prelevare tasse da tutti quelli che, fino ad ora, le hanno regolarmente pagate. I super ricchi non avrebbero dove occultare i loro patrimoni e pagherebbero le tasse come il resto di noi. Le multinazionali si troverebbero ad affrontare un’autorità fiscale anch’essa multinazionale senza alcun paradiso fiscale disponibile per consentire l’evasione.

Dietro a tutto questo c’è un principio spirituale: una legislazione fiscale equa, giusta, proporzionale e applicata internazionalmente. Un principio che, messo in pratica, libererebbe il mondo dalla corruzione dilagante e assicurerebbe ai governi entrate sufficienti affinché si prendano cura dei bisogni basilari di tutte le persone, creando un mondo dove tutti possano vivere con dignità:
Tutti devono essere produttori. Ogni persona nella comunità, le cui necessità siano pari alla sua capacità personale di produzione, sarà esente da tassazione. Ma, se il suo reddito è maggiore dei suoi bisogni, egli deve pagare una tassa fino a che non si ottenga un equilibrio. Vale a dire, la capacità di produzione di un uomo e i suoi bisogni devono essere perequati e armonizzati tramite la tassazione. Se la produzione eccede i bisogni, si pagano le tasse. Se le necessità sono superiori alla produzione, si riceve una somma sufficiente per perequare o aggiustare. Perciò la tassazione sarà proporzionata alla capacità e alla produzione e nella comunità non vi saranno poveri. (‘Abdu’l-Bahá, The Promulgation of Universal Peace 217, traduzione personale)
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Queste sono opinioni puramente personali e non rappresentano l'opinione della comunità bahá’í o di qualunque sua istituzione. Gli scritti bahá’í invitano ogni singolo ad una libera ed indipendente ricerca:
O FIGLIO DELLO SPIRITO!
Ai Miei occhi la più diletta di tutte le cose è la Giustizia; non
allontanartene se desideri Me, e non trascurarla acciocché Io
possa aver fiducia in te. Con il suo aiuto ti sarà possibile discernere
coi tuoi occhi e non con gli occhi degli altri, e apprendere
per cognizione tua e non con quella del tuo vicino. Pondera
ciò nel tuo cuore, come t’incombe d’essere. In verità la Giustizia
è il Mio dono per te e l’emblema del Mio tenero amore.
Tienila adunque innanzi agli occhi.
(Bahá’u’lláhParole Celate, Arabo, n.2)

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