martedì 24 maggio 2016

La reazione all'incontro con una bahá’í espone la verità

NEW YORK, 19 maggio 2016, (BWNS) — Una tempesta di furiose denunce, in reazione a un semplice incontro tra due amiche in una casa privata, ha drammaticamente esposto la doppiezza delle autorità iraniane le quali hanno ripetutamente affermato che il loro trattamento dei bahá’í non è motivato da pregiudizi religiosi.

dalla Bahá'í International Community
documento originale in inglese

Faezeh Hashemi, figlia dell'ex presidente iraniano Akbar Hashemi Rafsanjani, in casa di Fariba Kamalabadi, una dei sette ex dirigenti bahá’í che si trovano in carcere dal 2008.

L'incontro che ha suscitato la polemica è stato la visita di Faezeh Hashemi, figlia dell'ex presidente dell'Iran Akbar Hashemi Rafsanjani, alla casa di Fariba Kamalabadi, una dei sette ex dirigenti bahá’í che si trovano in carcere dal 2008.

Decine di religiosi di alto grado e di personaggi politici si sono affrettati a denunciare la signora Hashemi e un grande ayatollah ha anche chiesto di incriminarla a causa del suo incontro con una bahá’í. Un'altra figura di alto rango ha detto che le «relazioni amichevoli» con i bahá’í sono «un tradimento contro l'Islam e la rivoluzione». «Frequentare i bahá’í ed essere loro amici è contro gli insegnamenti dell'Islam», ha detto un ayatollah, mentre un altro ha affermato che i bahá’í sono «devianti» che devono essere «isolati» e ha affermato che incontrare un bahá’í è di per sé «una deviazione religiosa assoluta». Il capo della magistratura e il suo vice hanno confermato la possibilità di incriminare la signora Hashemi, come è stato specificamente richiesto da molti prelati per dare una lezione al resto della società.

Parlando a New York, Bani Dugal, la principale rappresentante della Bahá’í International Community presso le Nazioni Unite, ha detto: «Ciò che sorprende è il candore, l’entità e l'alto profilo della reazione del regime. Da un grande ayatollah, indicato come una “fonte di emulazione”, a maggiori figure religiose e politiche, nonché organi esecutivi del governo, dichiarazioni allineate hanno ora dimostrato, senza ombra di dubbio, che il loro trattamento dei bahá’í è motivato da un pregiudizio religioso. Pertanto, questa reazione collettiva ha messo a nudo la falsità dei rappresentanti del governo iraniano nei forum internazionali sui diritti umani e ha contraddetto categoricamente le loro affermazioni». La signora Dugal ha aggiunto: «Sia questo un momento di chiarezza assoluta per il mondo intero».

«Provate a immaginare che cosa vuol dire essere bahá’í in Iran, quando anche coloro che visitano la vostra casa sono pubblicamente condannati in questo modo e sono minacciati di incriminazione».

L'incontro tra le due donne è avvenuto in un periodo di cinque giorni, quando la signora Kamalabadi ha avuto il permesso di uscire dal carcere prima di dover ritornare per completare la sua condanna a dieci anni.

La signora Hashemi, che è anche un ex membro del Parlamento iraniano, ha trascorso sei mesi nella stessa prigione della signora Kamalabadi nel 2012 dopo essere stata accusata di «diffusione di propaganda contro il sistema di governo». Le due donne, che non si erano più viste dal giorno del rilascio della signora Hashemi, hanno voluto rinnovare la loro amicizia nata in prigione.

«Nonostante il furore della critica che ha stigmatizzato questo atto di umanità, una semplice interazione di due cittadine, molte persone coraggiose — attivisti dei diritti umani, giornalisti, accademici e semplici cittadini —hanno difeso il diritto dei bahá’í di avere normali relazioni umane nel loro paese» ha detto la signora Dugal. «Ma speriamo che ci siano più voci di questo genere, affinché gli sforzi di isolare sistematicamente e di estraniare la comunità bahá’í in Iran non abbiano successo».

La signora Dugal ha aggiunto: «Le straordinarie minacce e condanne espresse da molti prelati e autorità sono in contrasto con le recenti coraggiose azioni e dichiarazioni di diversi personaggi del clero e del mondo del pensiero religioso in Iran e altrove che hanno parlato a favore della convivenza, della tolleranza e dell’uguaglianza per tutti i cittadini. Speriamo che la voce della coscienza porti il resto del clero a rompere il silenzio e a mostrare che la vera religione non perdona la spietatezza dell’apartheid, dell’estraniamento e dell'odio».

Per leggere l'articolo in inglese on-line, visualizzare le fotografie e accedere ai link si vada a : http://News.Bahai.org/story/1108

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