di Holiday Reinhorn
Originale in inglese su bahaiteachings.org
Ragazze di caste diverse e di etnie diverse pranzano assieme all'Istituto Barli |
“Qual è il più grande ostacolo al raggiungimento del successo, qui all’Istituto Barli?” chiesi e Tahera, dopo aver scambiato uno sguardo con Yogesh, mi rispose: “La più profonda miseria che le donne devono affrontare qui in India è spirituale.”
Ci sono tre classi di donne in stato di povertà in India: quella che vive nei centri urbani, quella delle aree rurali e quella dei popoli indigeni. Tutte le donne di queste categorie soffrono ma il più grande ostacolo si trova nel loro cuore: la convinzione di essere un peso per la società. A prescindere dalla sua casta, la nascita di una bambina in India può essere come un funerale. Può essere considerata una vergogna per la famiglia, un fardello.
“Ma non qui al Barli” ribattei.
“No” rispose Tahera “Qui è differente. Ma non è comunque facile.”
Per le ragazze del Barli, a giudizio unanime di Tahera e Yogesh, uno degli aspetti più difficili del corso è abituarsi alle differenze, accettare di sedersi o dormire a fianco di qualcuno di una etnia diversa, di condividere acqua e cibo provenienti dalla stessa cucina e, specialmente, di condividere opinioni con qualcuno che non necessariamente concorda con loro. Secondo Tahera, questo aspetto, nonostante l’estrema difficoltà del processo, diventa col tempo uno dei più apprezzati di tutto il corso: imparare che sono tutte parti equivalenti di un unico insieme, di una sola famiglia, di una sola razza umana:
Dobbiamo ora sorgere con grande risolutezza e afferrare tutti quegli strumenti che promuovano la pace, il benessere e la felicità, il sapere, la cultura e l'industria, la dignità, il valore e lo stadio dell'intera razza umana. (‘Abdu’l-Bahá, Il segreto della civiltà divina 5)“Esse hanno lottato così tanto” disse Tahera “tuttavia il più delle volte le senti ridere e incoraggiarsi l’un l’altra. L’hai notato, vero?”
Rivolsi lo sguardo alle ragazze giovani, vivaci ed esuberanti, che chiacchieravano mentre fianco a fianco lavoravano o camminavano, portando i loro cesti fatti a mano sulla testa, traboccanti del cibo da loro stesse coltivato, e dovetti concordare ma fu un’altra la cosa che notai in loro a sbalordirmi. Un’emozione che non mi capita spesso di percepire così intensa e così profonda: la gioia.
“Questo gruppo nel campo ora sta coltivando cipolle e melanzane” mi spiegò Yogesh “come parte del loro servizio.”
Il lavoro agricolo giornaliero è parte fondamentale del programma ed è una delle componenti costitutive del programma del Barli. Le ragazze sono inserite in squadre di lavoro che cambiano continuamente, accuratamente selezionate per mettere in contatto e integrare etnie e caste diverse, promuovendo così l’ideale bahá’í di unità.
Il capolavoro, tuttavia, lo ammirammo appena prima di colazione. A fianco della casa di Jadhav, nel mezzo di un gruppo di alberi di avocado, c’era un grande giardino di piante medicinali che potevano curare tutto, dalla cistite alla dengue. Walter era affascinato da una pianta che si chiamava Mimosa pudica, che si richiudeva appena lui la sfiorava con la punta delle dita.
“È una pianta timida” gli disse Yogesh “ma può curare l’insufficienza renale.”
Affascinato Walter da quel momento in avanti trovò esemplari di Mimosa pudica ovunque andassimo, per tutto il resto del viaggio. La trovò anche ad Agra, nascosta nell’immenso giardino che circonda il Taj Mahal.
Finita la colazione, dopo esserci rimpinzati di dal e dosas fatti dalle ragazze, passammo quasi tutte le tre ore di visita al campus, a scoprire, ovunque andassimo, un ambiente di studio completamente integrato, un ambiente dove vita onesta e studio appassionato erano inseparabili.
Nella cucina all’aperto uno stufato di verdure fresche con carote, barbabietole, ravanelli, rape, cavolfiori e cavoli, bolliva su fornelli alimentati con energia solare, a fianco di un arcobaleno di legumi e zucche locali. Mucchi di peperoncino, curcumina, fieno greco e coriandolo, che le ragazze avevano appreso a conservare, riempivano gli scaffali della dispensa che fiancheggiavano i muri, insieme a barattoli e barattoli di conserve di mango, aglio e limoni, fatte con gli eccessi della produzione agricola.
Su ogni centimetro quadrato della proprietà pratiche agrarie tradizionali convivevano con avanzatissime tecniche di coltivazione biologica per soddisfare le necessità quotidiane di oltre 100 persone, 365 giorni all’anno.
Visitammo anche una bella biblioteca e un laboratorio di informatica dove ogni sedia era occupata dalle ragazze, nei loro sari, impegnate nei loro lavori. Visitammo anche una sala stampa ben attrezzata e pienamente operativa, una enorme stanza per il cucito e una sala comunitaria, con centinaia di sedie, a disposizione delle famiglie che vengono per rendersi conto degli effetti di quello che le ragazze imparano.
“Non puoi immaginare gli sguardi sulle facce di queste famiglie” ci disse Yogesh “Specialmente gli zii, i padri e i fratelli. Le loro figlie sono diventate cittadine del mondo!”
Il racconto di Holiday Reinhorn continua nel prossimo post:
Elevare l'anima degli esseri umani
Post precedente:
Se le donne ricevessero la stessa educazione degli uomini
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Queste sono opinioni puramente personali e non rappresentano l'opinione della comunità bahá’í o di qualunque sua istituzione. Gli scritti bahá’í invitano ogni singolo ad una libera ed indipendente ricerca:
O FIGLIO DELLO SPIRITO!
Ai Miei occhi la più diletta di tutte le cose è la Giustizia; non
allontanartene se desideri Me, e non trascurarla acciocché Io
possa aver fiducia in te. Con il suo aiuto ti sarà possibile discernere
coi tuoi occhi e non con gli occhi degli altri, e apprendere
per cognizione tua e non con quella del tuo vicino. Pondera
ciò nel tuo cuore, come t’incombe d’essere. In verità la Giustizia
è il Mio dono per te e l’emblema del Mio tenero amore.
Tienila adunque innanzi agli occhi.
(Bahá’u’lláh, Parole Celate, Arabo, n.2)
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