venerdì 6 maggio 2016

Ascoltando le preghiere degli usignoli in India

Nonostante il buio potevo già rendermi conto che Barli era un’oasi. Potevo intravedere i murali dai colori brillanti alle pareti e un giardino rigoglioso circondare la corte centrale.

di Holiday Reinhorn
Originale in inglese su bahaiteachings.org

Holi festival in India - Foto di Rajesh Pamnani CC BY-NC-ND 2.0

“È un onore incontrarti” le dissi e Tahera sorrise.

“Holiday”, mi disse indicando il rosso tra i miei capelli, “il tuo nome è la festa Hindu della primavera. Holi. Lo sapevi?”

“Si lo sapevo”, le risposi ricordando tutti gli indiani, all’aeroporto di Delhi e sulle strade, il giorno del nostro arrivo, con capelli, volti e vestiti ancora ricoperti di polvere dai brillanti colori rosso, verde e giallo. “Però adesso è finita, vero?”

“Non per te”, disse Tahera guardando la mia ciocca di capelli rossi, ed entrambe ci mettemmo a ridere. “Le ragazze penseranno che tu stia ancora festeggiando.” Mentre caricavamo le nostre valigie nel bagagliaio della vecchia 4x4 dell’Istituto Barli un bufalo ci guardava placidamente dal centro della strada masticando un enorme boccone, e un esercito di uccelli cantava così forte da obbligarci a interrompere i nostri discorsi e ascoltare.

“Questi sono usignoli!”, disse mio figlio Walter. “Lassù ci sono centinaia di usignoli che cantano!”

“Sì,” dissi mentre lo spalmavo in grande abbondanza, sulle braccia e  sulla faccia, con un repellente in crema contro gli insetti. Probabilmente aveva ragione. Mio figlio è un’enciclopedia ambulante sugli animali. Lo ascoltavo e annuivo mentre lui continuava ad enumerare altri uccelli notturni – parule dal cappuccio, usignoli maggiori, caprimulghi, ma io non avevo proprio idea di quali uccelli stessero cantando in quel momento. Per me era solo un altro dei tanti misteri dell’India.

Ricordo che, di recente, guardando un documentario, ho imparato che il DNA di ogni essere umano, non africano, sulla terra si può far risalire ad un gruppo di persone che attualmente vivono in alcuni villaggi situati nella punta all’estremo meridione dell’India. Antica e immutata per migliaia di anni, questa regione ospita alcuni dei luoghi sacri più antichi del mondo ed è il luogo di origine delle misteriose preghiere vediche che sono state tramandate oralmente, dai monaci bramini, per centinaia di generazioni, preghiere che hanno confuso gli scienziati per decenni in quanto non seguono alcun alfabeto o struttura del discorso umano e, in effetti, precedono la storia del linguaggio stesso, secondo paesaggi sonori che non esistono in nessun altro luogo al mondo. Solo recentemente è stato incredibilmente scoperto che queste antiche preghiere imitano il canto degli uccelli tipici della zona. La connessione universale dell’India al divino, che tutta l’umanità condivide da tempi immemorabili, ci ricorda come mai siamo venuti qui:
Educare e istruire i bambini è una delle azioni umane più meritevoli e attrae la grazia e il favore del Misericordiosissimo, perché l'educazione è la base indispensabile d'ogni umana perfezione e permette all'uomo di farsi strada fino alle vette della gloria eterna…

Se si farà un grande sforzo in questo importante compito, il mondo dell'umanità risplenderà per altri ornamenti e irradierà la luce più bella. Allora questo luogo oscuro diverrà luminoso e questa dimora terrena si tramuterà in Paradiso. Allora i demoni si trasformeranno in angeli, e i lupi in pastori d'armenti, e i branchi di dinghi in gazzelle pascolanti nelle piane dell'unicità, e i predatori in pacifici greggi; e gli uccelli rapaci, dagli artigli aguzzi come coltelli, in uccelli canterini gorgheggianti le dolci melodie native. (‘Abdu’l-BaháAntologia 126)
Considerando che l’Istituto Barli, di ispirazione bahá’í, si rivolge a donne provenienti da un ambiente agricolo, rimasi scioccata nel vedere l’automobile inoltrarsi tra le lunghe ombre di una megalopoli futurista. Scheletri di grattacieli costruiti solo a metà e strade sopraelevate fiancheggiavano l’autostrada perfettamente asfaltata che incombeva su bancarelle traballanti e carretti abbandonati caricati fino all’inverosimile di componenti elettronici usati e rifiuti plastici.

Tahera ci spiegò che all’inizio il contrasto tra la città e l’istituto non era così netto ma, con la recente ondata di sviluppo economico, la città di Indore ha invaso i sei acri dell’istituto, con tutti i connessi rischi per la sicurezza. Furti e altri problemi del genere resero necessario l’impiego di filo spinato e l’installazione di un robusto cancello all’entrata. Quella sera di guardia al cancello c’era un anziano che indossava un kurta viola e portava una pistola nella fondina. Mentre passavamo ci salutò inchinandosi con le mani giunte davanti al cuore e disse: “Namaste”.

Nonostante il buio potevo già rendermi conto che Barli era un’oasi. Potevo intravedere i murali dai colori brillanti alle pareti e un giardino rigoglioso circondare la corte centrale. Le brezze che soffiavano attraverso il finestrino aperto della nostra Jeep, benché torride, erano profumate di gelsomino e di spezie.

“Questa macchina profuma decisamente di India” disse Walter e tutti scoppiarono a ridere.

Il racconto di Holiday Reinhorn continua nel prossimo post:
Se le donne ricevessero la stessa educazione degli uomini 

Post precedente:
Educare le ragazze più povere delle zone rurali dell’India centrale

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Queste sono opinioni puramente personali e non rappresentano l'opinione della comunità bahá’í o di qualunque sua istituzione. Gli scritti bahá’í invitano ogni singolo ad una libera ed indipendente ricerca:
O FIGLIO DELLO SPIRITO!
Ai Miei occhi la più diletta di tutte le cose è la Giustizia; non
allontanartene se desideri Me, e non trascurarla acciocché Io
possa aver fiducia in te. Con il suo aiuto ti sarà possibile discernere
coi tuoi occhi e non con gli occhi degli altri, e apprendere
per cognizione tua e non con quella del tuo vicino. Pondera
ciò nel tuo cuore, come t’incombe d’essere. In verità la Giustizia
è il Mio dono per te e l’emblema del Mio tenero amore.
Tienila adunque innanzi agli occhi.
(Bahá’u’lláhParole Celate, Arabo, n.2)

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