di David Langness
Originale in inglese su bahaiteachings.org
La comunità si riunisce per un evento religioso - Anonimo, Perù |
Se così fosse su cosa basi questa concezione di te stesso? Preghi e mediti quotidianamente? Ti piace leggere libri di spiritualità, di psicologia o per il miglioramento personale? Ti identifichi con gli insegnamenti mistici di varie fedi o con il misticismo in generale? Ti senti attratto dalle tradizioni esoteriche, dalla saggezza delle religioni orientali, da esperienze personali, di tipo spirituale, che hai provato in prima persona? Sei convinto che esista qualcosa al di là del mondo materiale? Pensi sia possibile percepire il divino nella natura?
In altre parole, cos’è che ti spinge a dire di essere spirituale?
Avrai probabilmente visto decine di quiz online e questionari che sostengono di poter stabilire cosa ti rende spirituale in poche domande come queste. Diversamente prova a digitare sui motori di ricerca “test di spiritualità” e troverai pagine e pagine di siti web che promettono di determinare il tuo tipo di spiritualità o che promettono di aiutarti a capire quale religione si avvicini meglio alle tue convinzioni profonde. Uno dei siti più noti si presenta incredibilmente in questo modo: “Rispondi al quiz del credenziografo con venti domande su Dio, aldilà, natura e altro per scoprire la tua vera religione!”
Come se fosse possibile! La spiritualità viene dal nostro intimo. La maggior parte di noi pensano alla propria vita spirituale come ad una condizione interiore complessa, un atteggiamento mentale considerato a fondo e meditato a lungo, una profonda filosofia dell’essere e non qualcosa che possa essere analizzato, schedato e catalogato in cinque minuti con un quiz online. Se hai fatto uno di questi quiz, l’hai probabilmente fatto con un’ampia dose di scetticismo.
Però questi quiz ci dicono in effetti una cosa: che, in questa epoca, spesso noi consideriamo la nostra spiritualità come un orientamento individuale, dietro le quinte, piuttosto che come un’identità di gruppo. Siamo portati a vedere la spiritualità come un approccio alla realtà che ci consente di valutare le forze che non possiamo percepire con i nostri sensi esteriori. Ci consideriamo spirituali perchè i nostri pensieri e le nostre credenze intime - quello che sentiamo e pensiamo nel profondo di noi stessi - riflettono la convinzione che le spiegazioni materiali non esauriscano tutte le possibilità della vita. Al contrario, coloro che si considerano spirituali credono che materia e spirito in effetti coesistano, che la ragione, la scienza e la tecnologia non possano sempre spiegare tutto, che l’universo ci offra qualcosa di significativo oltre a questo piano corporeo.
Questa è una novità. Da una prospettiva storica, questo singolare modo di vedere e definire la spiritualità è apparso recentemente. Oggi usiamo il termine “spirituale” per descrivere quello che una volta era definito come “religioso”. Questo cambiamento radicale nel linguaggio è avvenuto molto recentemente, per lo più negli ultimi settanta anni, nel secondo dopoguerra. Molti studiosi di religione e filosofia ritengono che la carneficina e i conflitti religiosi della seconda guerra mondiale abbiano avuto l’effetto di scollegare, in buona misura, la religione dalla spiritualità e, conseguentemente, abbiano dato origine all’esplosione del fenomeno non tradizionale della New Age, al quale noi ora pensiamo come spirituale ma non religioso. Queste persone che si inseriscono nella crescente categoria della spiritualità non religiosa sono chiamati da un autore “i nuovi metafisici” mentre un altro li definisce “rangers spirituali solitari” o “indipendenti”, quelli che non appartengono ad alcuna organizzazione religiosa ma sono pur sempre attenti alla vita interiore. Alcuni sondaggi indicano che circa un quarto della popolazione di molte nazioni occidentali si pensano in questo modo – circa un terzo se consideriamo solo le giovani generazioni. Questo rappresenta un grosso cambiamento nella concezione che abbiamo di noi stessi.
Questa nuova definizione di spiritualità, se da un lato indica una rinnovata volontà e capacità di pensare in autonomia, con la sua forte impronta individualista, ha anche dei lati negativi. Incoraggia infatti a scegliere da un buffet con un ampio menu di opzioni spirituali, da un punto di vista sociale ha la tendenza a separarci gli uni dagli altri. Piuttosto che condurre ad una comunità spirituale unita crea una serie di isole solitarie e scollegate, separandoci da coloro che hanno convinzioni simili alle nostre. Una spiritualità privata, che ci siamo auto-costruiti, invece di sfidarci ad andare oltre ai nostri interessi egoistici per affrontare i problemi veri del mondo, può condurci, in realtà, all’isolamento, al compiacimento, e a non guardare oltre il nostro naso.
Tutti possono avere pensieri profondi, nella propria solitudine, o gioire della bellezza dell’alba durante una tranquilla mattinata e meditare sulle metafore spirituali ad essa collegate. Ma quelle esperienze personali e solitarie spesso non ci conducono ad affrontare i più importanti problemi globali della società e non ci chiedono di lavorare in comunione con gli altri. È questo che la vera religione fa: crea un ambiente collettivo dove persone differenti si incontrano per combattere l’ingiustizia e la povertà, la guerra e il razzismo; costruisce un gruppo collaborativo di anime, in sintonia spirituale, che possono amarsi e sostenersi a vicenda; ci sfida ad affrontare le battaglie della vita e della morte assieme e ad impegnarci anche con coloro che non condividono la nostra stessa visione del mondo, con costanza e imparando a lavorare assieme in spirito di unità. La religione unisce le persone. Ci dona un posto sicuro dove esprimere i nostri punti di vista e ascoltare quelli degli altri e possibilmente, di conseguenza, modificare i nostri. Ci offre una disciplina, una pratica. Ci consente di diventare parte di una tradizione più ampia, una comunità più vasta e un vero movimento spirituale. Ci conduce in un laboratorio dell’anima dove possiamo sviluppare e cambiare sotto la protezione e l’influenza degli altri. Ci porta via dagli stretti confini dell’ego.
Questa ricca, provocatoria, appagante ed entusiasmante interazione con l’umanità, che al momento attuale manca da tante vite solitarie, reca benefici spirituali e psicologici enormi. Ci dona amore, relazioni e un contesto, includendoci in una variegata ed estesa comunità e in un senso collettivo di spiritualità. Ci sfida. Offre alla nostra vita interiore uno scopo esteriore:
Tutti i santi di Dio hanno fatto ogni sforzo per diffondere la luce dell'amore e dell'unità nel mondo, affinché sparissero le tenebre della materialità e risplendesse sui figli degli uomini la luce dello spirito; affinché sparissero l'odio, la calunnia e l'assassinio, e venisse invece il regno dell'amore, dell'unità e della pace. (‘Abdu’l-Bahá, Saggezza 146)In questa serie di articoli sulla spiritualità cercheremo di scoprire cosa realmente significhi questo nuovo tipo di spiritualità, e vedremo se possiamo rispondere ad alcune importanti domande. È possibile condurre una vita spirituale individualmente? Il declino della religione significa essere costretti ad inventarci il nostro personale senso di spiritualità? Cosa succede quando lo faccio? Posso trovare una comunità spirituale che non vada contro i miei principi? A chi posso rivolgermi quando la mia comunità spirituale attuale non soddisfa i miei bisogni? Cosa dicono gli insegnamenti bahá'í sulla spiritualità, sia individuale che collettiva?
Continuate a seguirci mentre esploriamo il sentiero dello spirito che cercheremo di percorrere assieme a voi.
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Queste sono opinioni puramente personali e non rappresentano l'opinione della comunità bahá’í o di qualunque sua istituzione. Gli scritti bahá’í invitano ogni singolo ad una libera ed indipendente ricerca:
O FIGLIO DELLO SPIRITO!
Ai Miei occhi la più diletta di tutte le cose è la Giustizia; non
allontanartene se desideri Me, e non trascurarla acciocché Io
possa aver fiducia in te. Con il suo aiuto ti sarà possibile discernere
coi tuoi occhi e non con gli occhi degli altri, e apprendere
per cognizione tua e non con quella del tuo vicino. Pondera
ciò nel tuo cuore, come t’incombe d’essere. In verità la Giustizia
è il Mio dono per te e l’emblema del Mio tenero amore.
Tienila adunque innanzi agli occhi.
(Bahá’u’lláh, Parole Celate, Arabo, n.2)
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