di David Langness
Secondo articolo della serie: Porre fine all'evasione fiscale
Originale in inglese su bahaiteachings.org
Foto di Andrew Kuznetsov - CC BY 2.0 |
In questi giorni la veracità e la sincerità sono dolorosamente afflitte tra le grinfie della falsità e la giustizia è tormentata dalla sferza dell'iniquità. Il fumo della corruzione ha avviluppato il mondo intero a tal segno che in ogni dove si vedono solo reggimenti di soldati e in ogni terra non si sente altro che fragor di spade. Supplichiamo Dio, l'Unico Vero, di rafforzare coloro che esercitano il Suo potere in ciò che riabiliterà il mondo e porterà tranquillità fra le nazioni. (Bahá’u’lláh, Tavole 34)L’enorme quantità di documenti trapelati dallo studio legale panamense Mossack Fonseca, conosciuti come Panama Papers, hanno portato alla luce un sistema di copertura, fino ad ora ignoto, di evasione fiscale, riciclaggio di denaro sporco e corruzione diffuso tra i ricchi di tutto il pianeta.
Quando si parla di queste pratiche, la prima cosa che ci chiediamo è quanto sia esteso il fenomeno.
Naturalmente, in tutto il mondo, la pratica di occultare al fisco le transazioni finanziarie è un’attività clandestina e, come tale, nessuno è in grado di stabilirne con certezza l’entità. In tanti, esperti qualificati e istituzioni autorevoli, hanno tuttavia provato a fare delle stime ragionate. Proviamo dunque a capire se riusciamo a definire, anche solo sommariamente, l’ampiezza del fenomeno.
Tra le stime più cautelative, diciassette anni fa, il Fondo Monetario Internazionale ipotizzava che, alla fine di giugno 1999, i cosiddetti patrimoni transnazionali celati nei paradisi fiscali raggiungessero un livello di 4600 miliardi di dollari – all’incirca il 5% della ricchezza mondiale.
Gabriel Zucman, professore di economia all’Università di Berkeley, nel suo libro, The Hidden Wealth of Nations, uscito lo scorso anno, stima che più di 7500 miliardi di dollari siano attualmente celati in paradisi fiscali off-shore. La stima di Zucman, che corrisponde ad un 8% della ricchezza mondiale, rimane comunque conservativa e si colloca in posizione intermedia rispetto alla maggior parte delle proiezioni.
Si colloca invece in fascia alta la stima del rapporto 2012 del Tax Justice Network, compilata da James Henry, ex capo economista della McKinsey & Company, che valuta tra 21 mila e 32 mila i miliardi di dollari attualmente celati, a livello internazionale, in conti bancari presso paradisi fiscali.
Solo per dare un’idea dell’ordine di grandezza di queste cifre ricordiamo che l’intero budget federale degli Stati Uniti nel 2015 ammontava a 3800 miliardi di dollari e che il prodotto interno lordo del Regno Unito è di circa 2 mila miliardi di dollari. L’intero prodotto lordo mondiale, nel 2014, è stato di 78 mila miliardi di dollari.
Dunque sappiamo che una porzione considerevole dell’intera ricchezza mondiale è nascosta, legalmente o meno, in paradisi fiscali. I Panama Papers, per la prima volta, lo provano e ne documentano nel dettaglio i meccanismi.
Un momento, ma questo blog non doveva occuparsi di temi spirituali? Come mai un blog di ispirazione bahá’í si interessa di ricchezze occulte, evasione fiscale e corruzione? Vediamo quali sono i motivi.
La giustizia divina richiede che siano rispettati i diritti di tutti e i precetti divini chiedono di garantire giustizia per tutti.
…il governo è una fortezza sicura. Il riparo affidabile della sovranità deve essere un santuario inespugnabile e un rifugio eccelso per i diritti dei cittadini. Deve esercitare ogni sforzo per proteggere e salvaguardare gli innocenti e deve rivolgere tutta la sua attenzione a garantire l’onore e la felicità dei suoi sottoposti e dei suoi cittadini. In quanto il cittadino è un depositario divino e i poveri sono il pegno del Signore dell’Unicità.
Nello stesso modo i cittadini sono tenuti ad obbedire e mostrare onestà. Devono compiere i loro doveri di servitù ed essere sinceri nel loro servizio. Buone intenzioni e gratitudine sono requisiti, così come il pagare le loro tasse in tutta gratitudine e sopportare le imposte annuali con completa approvazione. Per esaltare ulteriormente lo stadio dei regnanti, incrementare il potere del governo e innalzare la gloria del trono della sovranità, essi devono sacrificare le loro proprietà e le loro vite. In quanto i benefici di queste transazioni e i frutti di questa obbedienza sono interamente a vantaggio dei cittadini, che tutto condividono e a tutto partecipano di questa grandiosa buona sorte e di questo nobile stadio. I diritti sono reciproci e gli affari richiedono giustizia da tutte le parti coinvolte e tutti sono sotto la protezione del Signore giusto. (‘Abdu’l-Bahá, Trattato sulla politica, traduzione personale)Provate, se volete, a immaginare quanto queste ricchezze mondiali occultate consentirebbero di fare per i miliardi di persone svantaggiate che vivono nella fame e nella povertà. Considerate quanto queste ricchezze sarebbero in grado stabilizzare, ricapitalizzare e rivitalizzare le nazioni povere e indebitate. Immaginate un sistema dove tutti, pagando le proprie tasse, concorrano equamente alla generazione della ricchezza. Immaginate un mondo unito, con un sistema legale comune, dove nessuna nazione consenta ai propri banchieri o alla propria classe abbiente di occultare ricchezze ad un legittimo sistema fiscale. Immaginate, in fine, una comunità internazionale concorde nel far rispettare trasparenza finanziaria, responsabilità individuale e stato di diritto, in ogni singola nazione del mondo, senza eccezioni.
Da un punto di vista bahá’í questa visione di equità e giustizia non è un sogno, al contrario, l’umanità sta inevitabilmente progredendo verso la sua realizzazione:
È necessario che si evolva una forma di Stato Supremo, in favore del quale tutte le nazioni del mondo saranno disposte a cedere ogni diritto di dichiarare guerra, alcuni diritti di tassazione e tutti i diritti d’armamento, eccetto quelli necessari a mantenere l’ordine interno entro i rispettivi confini. (Shoghi Effendi, L’ordine mondiale di Bahá’u’lláh 40)“…alcuni diritti di tassazione…,” scrisse il custode della Fede Bahá’í negli anni ’30, alludendo ad uno dei tre poteri esercitati da un futuro organismo mondiale sovranazionale. Quel futuro governo mondiale fermerà le guerre, controllerà la produzione e distribuzione degli armamenti e istituirà un sistema fiscale equo e giusto per tutti. In un tale sistema fiscale globale nessuno potrà occultare le proprie ricchezze o evadere le tasse. Nessun paradiso fiscale potrà continuare ad esistere. Multinazionali e singoli individui, indipendentemente da dove risiedano o da dove abbiano i loro quartieri generali, pagheranno le tasse secondo la stessa aliquota e giocheranno alla pari.
Come è possibile che questo funzioni? Quale sarebbe il ruolo di questo sovra stato internazionale in tema di fiscalità? Che sia questo il motivo per il quale in tanti temono un governo mondiale? Perché ritengono che dovranno pagare più tasse? Che garanzie ci sono che un sistema federale internazionale governi a vantaggio dei popoli del mondo?
Vi invito a proseguire la lettura questa serie di articoli per capire come gli insegnamenti bahá’í rispondano a queste importanti domande.
Articolo precedente:
Panama Papers e povertà
Articolo successivo:
Come ottenere che le multinazionali paghino le tasse
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Queste sono opinioni puramente personali e non rappresentano l'opinione della comunità bahá’í o di qualunque sua istituzione. Gli scritti bahá’í invitano ogni singolo ad una libera ed indipendente ricerca:
O FIGLIO DELLO SPIRITO!
Ai Miei occhi la più diletta di tutte le cose è la Giustizia; non
allontanartene se desideri Me, e non trascurarla acciocché Io
possa aver fiducia in te. Con il suo aiuto ti sarà possibile discernere
coi tuoi occhi e non con gli occhi degli altri, e apprendere
per cognizione tua e non con quella del tuo vicino. Pondera
ciò nel tuo cuore, come t’incombe d’essere. In verità la Giustizia
è il Mio dono per te e l’emblema del Mio tenero amore.
Tienila adunque innanzi agli occhi.
(Bahá’u’lláh, Parole Celate, Arabo, n.2)
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